lunedì 30 giugno 2014

Formazione post laurea: e se fosse … a casa delle donne?

Di Ivana Arena

Mi sono laureata come ostetrica quasi 14 anni fa e poi dopo alcune esperienze  sono finita a lavorare in ospedale per ben otto lunghissimi anni e anche se è stata un’esperienza estremamente dura so anche che è stata utilissima per la mia pratica. Soprattutto l’aver passato molti turni in pronto soccorso, o in reparto a sostenere le donne in allattamento. 

Da tre anni e mezzo sono libero-professionista e posso fare e dire, in libertà, quello che desidero, anche se di contro ho faticato moltissimo dal punto di vista economico. In questi 14 anni ho avuto la fortuna di assistere come prima, seconda o anche terza ostetrica a più di 80 parti a casa, di cui una sessantina solo negli ultimi tre anni  e, anche se  a volte è faticoso, è uno dono ogni volta.  Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto che sempre più ostetriche potessero assistere a quel meraviglioso evento naturale che è la nascita e alla magnificenza che le donne e i neonati esprimono quando non si interferisce inutilmente.  Purtroppo, per vari motivi, questo avviene raramente in ospedale anche se sarebbe ben possibile.

Nell’ultimo anno e mezzo mi sono resa conto che sempre più colleghe mi cercavano per potermi seguire in questo percorso e del fatto che se, come spero e come sta già succedendo, sempre più donne sceglieranno di farsi seguire da un’ostetrica e di partorire a casa propria o in casa maternità, sarà sempre più importante creare un’equipe in grado di far fronte a queste richieste. Parlando con le neo laureate mi sono resa conto di come purtroppo, per vari motivi, la formazione universitaria delle ostetriche sia carente proprio nel riconoscimento e nella gestione autonoma della fisiologia, sulle capacità di comunicazione e ascolto che sono le basi della nostra maieutica e della nostra arte. D’altro canto il nostro è un mestiere complesso che non si finisce mai di imparare e avere contatti con colleghe più giovani è un ottimo modo di continuare a mantenere viva l’attenzione e le domande. Credo che avere sempre più ostetriche che conoscano la vera fisiologia sia vitale per il futuro della nostra professione.


Il nostro contributo alla formazione post  laurea

Ho incontrato tante colleghe, con alcune ci siamo riviste poi per la formazione sul campo con altre no, ma sono stati tutti incontri stimolanti e voglio continuare ad averli. Non sono l’unica libero professionista  su Roma che si circonda di colleghe più giovani ma non  so esattamente come funzionino gli accordi con loro. Quello che io ho scelto di proporre, insieme alle colleghe “esperte” con cui collaboro, è una formazione gratuita e volontaria allo stesso tempo, cioè le colleghe non pagano per essere formate e danno la disponibilità piena a venire alle visite, ai parti e ai puerperi con me e le altre colleghe senza ricevere alcun compenso. In particolare cerchiamo di assegnare a ognuna un caso da seguire il più pienamente possibile. Questo può essere un po’ dispersivo a volte se consideriamo che in genere abbiamo due, tre assistenze al mese e ad alcune è sembrato un impegno maggiore rispetto alle aspettative. Questo è anche il motivo per cui scelgo possibilmente di formare chi si può dedicare a tempo pieno alla formazione senza dimenticare che abbiamo tutte bisogno di guadagnare. Per sfruttare al meglio questo tempo cerco di dare anche delle indicazioni su letture ed eventuali corsi teorici da frequentare. Alle “tirocinanti” non è mai chiesto di fare lavoro al posto mio o di altre. Il massimo che potrebbe succedere in caso di contemporaneità di nascite sarebbe di fare da seconda ostetrica invece che da terza in un parto a casa. 

L’idea è che appena possibile le colleghe si sentano pronte a creare in qualunque forma una propria attività e, se avranno richieste da parte di donne per quanto riguarda l’assistenza alla gravidanza e al parto, di potersi appoggiare a noi “formatrici” per un sostegno pratico nelle prime esperienze. Allora si aprirà un vera e propria rete di collaborazione che speriamo offrirà una giusta remunerazione a tutte. 
Il futuro è tutto da costruire e chissà che poi non si arrivi su tutto il territorio nazionale a delle vere case di maternità gestite da ostetriche!

giovedì 26 giugno 2014

Autonomia delle ostetriche, libertà di scelta delle donne

Riporto qui il pezzo pubblicato su Epicentro, dal titolo "La pratica ostetrica nella prospettiva europea e italiana". Quando si parla di autonomia dell'ostetrica è in gioco ben più di un atteggiamento corporativista, si tratta di diritti fondamentali delle donne. La Corte Europea dei Diritti Umani si è pronunciata in modo chiaro su questo punto. Sono necessari interventi legislativi urgenti in Italia e in altri Stati Membri per garantire alle donne il diritto di scegliere come e dove partorire, sentendosi sicure e rispettate.
Questa é una delle istanze avviate dal movimento Freedom for Birth


di Angela Giusti – Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps-Iss)

26 giugno 2014 - È di pochi giorni fa l’uscita di due importanti documenti internazionali che fanno il punto sullo stato dell’arte della pratica ostetrica e sui bisogni delle donne e dei bambini a livello globale (leggi l’approfondimento dedicato al rapporto “The State of the World’s Midwifery 2014” e l’approfondimento dedicato a The Lancet Series “Midwifery). In entrambi i casi, l’ostetrica è stata individuata come la figura professionale chiave per la cura (intesa come care), della madre e del bambino garantendo la continuità assistenziale nelle comunità dove le donne vivono.

In Italia l’assistenza al percorso-nascita inteso come espressione di un processo normale e fisiologico e l’integrazione dei percorsi assistenziali tra ospedale e territorio è presente nelle politiche nazionali da molti anni. Lo spirito della dichiarazione di Alma Ata sulle cure primarie e della Carta di Ottawa sulla promozione della salute è stato interpretato a partire dalla legge istitutiva del Consultori Familiari e ripreso successivamente nel Progetto obiettivo materno infantile. In tempi più recenti, le strategie baby-friendly promosse da Oms e Unicef sono state incluse nelle politiche nazionali (Piano sanitario nazionale, Piano nazionale di prevenzione, Programma Guadagnare Salute) e hanno promosso e certificato percorsi “Amici dei bambini”, che prevedono l’adozione di buone pratiche per la salute della madre e del bambino, centrate sul rispetto dei processi fisiologici, in modo integrato e multisettoriale. La recente inclusione nei percorsi Amici dei Bambini delle Cure Amiche delle Madri denota il progressivo cambio di paradigma verso la cura della madre e del bambino intesi come diade non separabile, con conseguenti modifiche significative sul piano organizzativo e assistenziale (processo della nascita non disturbato, riduzione dei tagli cesarei, contatto pelle-a-pelle immediato e prolungato, rooming in).

Il report sullo stato della pratica ostetrica nel mondo e la serie di The Lancet dedicata alla midwifery offrono uno schema di riferimento con il quale confrontare anche altri aspetti, tra cui la pratica dell’ostetrica, come figura professionale di riferimento, e i diritti delle donne alla luce delle nuove evidenze.

Emerge dalla letteratura la necessità di una figura professionale di cui siano chiaramente definiti gli standard formativi, che sia regolamenta e autonoma. La formazione delle ostetriche nel nostro Paese risponde agli standard internazionali ed europei da molti anni e include un percorso universitario di 3+2 anni. Il riconoscimento delle qualifiche professionali in Europa è regolamentato dalla direttiva 2005/36/EC, che prevede la piena autonomia dell’ostetrica per la diagnosi e l’assistenza alla gravidanza, la prescrizione degli esami necessari, l’assistenza al travaglio, al parto e al puerperio normali, incluse le cure del neonato, sotto la propria responsabilità. Riconosce inoltre l’autonomia nell’identificazione del rischio e delle possibili complicazioni che richiedono cure mediche. In Italia, il decreto legislativo attuativo 206/2007 è stato recepito in modo diverso (per alcune distorsioni della traduzione italiana) e ha modificato lo spirito della direttiva europea. Il Dgls prevede infatti che l’ostetrica debba “accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza diagnosticata come normale da un soggetto abilitato alla professione medica”. Questo ha prodotto, secondo la presidente della Federazione nazionale dei collegi delle ostetriche, «una discrasia culturale che si contrappone con l’evoluzione della Midwifery, in particolare di questi ultimi 20 anni, evoluzione che, al contrario, la Direttiva europea, nel suo diverso articolato, dimostra di coltivare e rispettare quale principio fondamentale trasversale» [1].

Un ulteriore aspetto emerso dalla revisione della letteratura pubblicata su The Lancet Series è la possibilità di scelta del setting del parto. In molti Paesi europei è in corso un dibattito sul diritto delle donne di scegliere dove partorire, avendo comunque accesso alla miglior assistenza disponibile. La scelta di setting alternativi per il parto, tra cui le case di maternità gestite da ostetriche (midwife-led) e il parto a casa, di fatto non può essere garantita in tutti gli Stati membri. In alcuni Paesi, come l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Lituania e la Croazia, pur non essendo proibito alle donne di partorire a casa è proibito alle ostetriche e ad altri professionisti sanitari di assistere ai parti a domicilio. Questa anomalia è stata recentemente oggetto di ricorsi alla Corte europea per i diritti umani. [2-7] La Corte ha stabilito che le donne che hanno fatto ricorso non erano in effetti libere di scegliere di partorire a casa a causa del timore da parte dei professionisti sanitari di essere perseguiti legalmente e dell’assenza di una legislazione specifica su questo tema, in violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare sancito dall’Articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. [8]


In Italia non esiste una regolamentazione nazionale in questo ambito. Alcune Regioni hanno attivato percorsi per il parto a domicilio per le gravidanze fisiologiche che viene assistito nell’ambito del servizio pubblico o rimborsato. Questa frammentazione del diritto all’assistenza gratuita e di qualità nel luogo di propria scelta per il parto è all’origine, di fatto, di una diseguaglianza territoriale nell’accesso alle cure. La stessa frammentazione territoriale si presenta in altri aspetti del percorso nascita. Dalle indagini condotte dall’Istituto superiore di sanità [9] emerge un maggiore accesso alla pratica ostetrica erogata secondo le raccomandazioni, nelle Regioni del Centro-Nord; tra queste, la gravidanza fisiologica seguita dall’ostetrica o dal consultorio familiare, la partecipazione ai corsi di accompagnamento alla nascita, l’offerta informativa in gravidanza sull’allattamento, il contatto pelle-a-pelle dopo la nascita e il rooming in, l’attacco al seno entro due ore, l’offerta di visite domiciliari in puerperio da parte del punto nascita o del consultorio familiare e l’offerta di informazioni sulla contraccezione.


Riferimenti
  1. Guana M. La midwifery italiana si confronta con l’Europa. Lettura Magistrale. 32° Congresso Nazionale della Federazione Nazionale dei Collegi delle Ostetriche.
  2. Konigsmarkova I. [Homebirth in Czech Republic]. Ceska Gynekol. 2012 Dec;77(6):558-62
  3. European Court of Human Rights. Application No. 28859/11 Šárka Dubská v Czech Republic
  4. European Court of Human Rights. Application No. 28473/12 Alexandra Krejzová v Czech Republic.
  5. European Court of Human Rights. Application No. 69489/12 Kosaitė-Čypienė and Others v. Lithuania
  6. European Network of legal experts in the field of gender equality. European omission. 2014
  7. Eggermont M. The choice of child delivery is a European human right. Eur J Health Law. 2012 Jun;19(3):257-69.
  8. European Court of Human Rights. Chamber Judgment Ternovszky v. Hungary 14.12.2010
  9. Lauria L, Lamberti A, Buoncristiano M, Bonciani M, Andreozzi S (Ed.). Percorso nascita: promozione e valutazione della qualità di modelli operativi. Le indagini del 2008-2009 e del 2010-2011. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2012. (Rapporti ISTISAN 12/39).

La Midwifery Series edita da The Lancet: un quadro di riferimento per l'accompagnamento al percorso nascita


Angela Giusti – Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps-Iss)

26 giugno 2014 - Lo speciale che la rivista The Lancet ha dedicato alla pratica ostetrica nel The Lancet Series “Midwifery” riprende i concetti già espressi nel report “The State of the World’s Midwifery 2014”, estende l’analisi e le azioni raccomandate a tutti i contesti, inclusi i Paesi ad alto reddito, e fornisce un quadro di riferimento per l’assistenza di qualità alla madre e al neonato (Quality Maternal and Newborn Care). Tra le novità, il fatto di essere basata non solo su solide evidenze epidemiologiche ma anche su evidenze qualitative, che meglio si prestano a descrivere la prospettiva delle donne sui propri bisogni. Come nel report Unfpa, la definizione di midwifery riguarda abilità, atteggiamenti e comportamenti più che specifici ruoli professionali e l’ostetrica, per il tipo di formazione prevista dagli standard internazionali, è identificata come la figura professionale che meglio risponde agli scopi della midwifery. [1]

La serie si compone di 4 articoli principali e di una serie di commenti. Mary J Renfrew, co-editor del Cochrane Pregnancy and Childbirth Group, e un panel di esperti hanno curato la revisione della letteratura disponibile sulla pratica ostetrica e la qualità delle cure. La revisione quali-quantitativa è descritta nel primo dei quattro articoli. [2] Partendo dal quesito «qual è il contributo della pratica ostetrica alla qualità della cura delle donne e dei bambini a livello globale?», sono state condotte 3 revisioni della letteratura. La prima è una meta-sintesi del punto di vista e delle esperienze delle donne, e ha portato all’identificazione degli elementi della cura che le donne ritengono essere importanti. La seconda è una revisione sistematica delle pratiche assistenziali in ambito materno-neonatale, e ha portato all’identificazione delle pratiche efficaci e inefficaci nell’assistenza alla madre-neonato. La terza è una revisione sistematica della forza lavoro che opera nell’ambito dell’assistenza ostetrica, e ha portato a identificare la letteratura disponibile sulle diverse figure professionali che operano nella pratica ostetrica, tra cui ostetriche, medici di famiglia, ginecologi e operatori della comunità. In totale sono state incluse inizialmente 461 revisioni prodotte dal Cochrane Pregnancy and Childbirth Group o altri gruppi Cochrane. Di queste, 173 rispondevano ai criteri di inclusione e sono state utilizzate nell’analisi.

La Figura 1 sintetizza il quadro di riferimento dell’assistenza di qualità per le madri e i neonati. Il modello è stato costruito sulla base degli elementi emersi dalla letteratura e usato nel secondo articolo della Lancet Series da Homer et al come base di partenza per definire gli interventi che caratterizzano la pratica ostetrica e i relativi indicatori. Nel terzo articolo, Van Lerberghe et al lo hanno usato per identificare gli elementi che necessitano di essere rinforzati a livello di Paese in 4 studi di caso che riguardano il Burkina Faso, la Cambogia, l’Indonesia e il Marocco.

Figura 1: Quadro di riferimento dell’assistenza di qualità per le madri e i neonati (Quality Maternal and Newborn Care framework –QMNC. Fonte: Renfrew et al)



a Esempi: alimentazione materna, pianificazione familiare e promozione dell’allattamento. b Esempi: pianificazione per il trasferimento ad altro servizio secondo la necessità, screening per le malattie sessualmente trasmissibili, diabete, Hiv, pre-eclampsia, salute mentale e valutazione del progresso del travaglio. c Esempi: prevenzione della trasmissione verticale di Hiv, incoraggiare la mobilità in travaglio, prendersi cura degli aspetti clinici, emotivi e psicosociali durante il travaglio e il parto fisiologico, assistenza immediata al neonato, contatto pelle-a-pelle e supporto all’allattamento. d Esempi: trattamento delle infezioni in gravidanza, somminsitrazione anti-D per donne Rh negative, versione esterna per presentazioni podaliche, assistenza ostetrica e neonatale di base e di emergenza (Who 2009 monitoring emergency care), come la gestione della pre-eclampsia, emorragia e anemia del post partum. e Esempi: taglio cesareo elettivo e di emergenza, emotrasfusione, assistenza alle donne con gravidanza multipla e complicanze mediche come l’infezione da Hiv, il diabete e servizi per neonati pretermine, piccoli per età gestazionale o malati.

Il quadro di riferimento può essere utilizzato a livello di ogni Paese, indipendentemente dal livello socio-economico, per la valutazione della qualità della cura, la pianificazione della forza lavoro necessaria a raggiungere gli obiettivi di salute materno-neonatale, l’allocazione di risorse necessaria, la pianificazione dei curricula formativi e l’identificazione degli ambiti che richiedono ulteriore ricerca.
I risultati del lavoro complessivo presentato in questa Serie di The Lancet portano all’attenzione dei decisori e dei professionisti l’urgenza di un cambio di paradigma. È necessario passare dall’offerta frammentata di assistenza centrata sull’identificazione e il trattamento della patologia a un approccio sistemico, bio-psico-sociale che si prenda cura della persona, offrendo attivamente assistenza competente e accessibile a tutti. Questo richiede un lavoro multidisciplinare di squadra e l’integrazione tra ospedale e comunità. [3]

Un focus particolare riguarda l’eccesso di trattamenti che originariamente erano pensati per la gestione delle complicazioni, con la conseguenza che «molte donne sane e neonati nei Paesi ad alto, medio e basso reddito sono esposti agli effetti avversi di interventi non necessari usati di routine, inclusa la ridotta mobilità in travaglio, l’episiotomia e il taglio cesareo». La “sotto” e “sovra” utilizzazione di interventi ha effetti importanti (sia da un punto di vista clinico e psicologico, sia economico) sulle famiglie, sulle comunità e sugli Stati. Coerentemente con la letteratura già disponibile, nei Paesi ad alto reddito la continuità dell’assistenza gestita dall’ostetrica (midwife-led care) è risultata avere un miglior rapporto costo-efficacia e il minor rischio di medicalizzazione. I due “punti ciechi” identificati nel panorama attuale della cura alla diade mamma-bambino sono l’assistenza rispettosa e centrata sulle donne, sui loro bisogni e aspettative e l’ipermedicalizzazione.

La Serie di The Lancet è composta da un executive summary, da quattro articoli principali e da una serie di commenti.

Riferimenti
  1. UNFPA, ICM, WHO. The State of the World's Midwifery. 2014
  2. Renfrew MJ, Homer CSE, Downe S, McFadden A, Muir N, Prentice T, ten Hoope-Bender P. Midwifery and quality care: findings from a new evidence-informed framework for maternal and newborn care. The State of the World's Midwifery. 2014
  3. UNFPA, ICM, WHO. The State of the World's Midwifery. 2014

The state of the world’s midwifery 2014 e il modello della Midwifery care


di Angela Giusti – Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps-Iss)

26 giugno 2014 - Il titolo dell’edizione 2014 del rapporto sulla pratica ostetrica nel mondo, “A Universal Pathway. A Woman's Right to Health”, richiama i due assi delle politiche necessarie: l’accesso universale e il diritto delle donne alla salute. Nel report, prodotto congiuntamente dall’Unfpa, Who e Icm, la parola “midwifery” è stata tradotta in italiano concettualmente come “pratica ostetrica” e letteralmente, in francese, come “la pratique de sage-femme”, connotandola fortemente al femminile. La pratica ostetrica, come elemento chiave della cura (in inglese care) per la salute sessuale, riproduttiva, materna e neonatale, è infatti definita come «i servizi e la forza lavoro necessaria a sostenere e prendersi cura delle donne e dei neonati, inclusa la salute sessuale e riproduttiva e, in particolare, l’assistenza alla gravidanza, al parto e nelle cure postnatali». [1] Questa ampia definizione consente un’analisi dei diversi modi in cui la pratica ostetrica viene offerta da una gamma di professionisti, pur rimanendo come figura professionale di riferimento quella dell’ostetrica – appunto la midwife – individuata per garantire la continuità di cure necessarie alle donne e ai bambini nelle proprie comunità di appartenenza.

Il report è centrato soprattutto su 73 Paesi a basso e medio reddito nei quali si concentra la maggiore mortalità materna, neonatale e perinatale e nei quali è presente un numero insufficiente di forza lavoro medica, ostetrica e infermieristica dedicata alla salute della donna e dei neonati.

I messaggi chiave sono:
  • Nei 73 Paesi inclusi nel Countdown to 2015 si concentra il 92% della mortalità materna, neonatale e perinatale e solo il 42% della forza lavoro medica, ostetrica e infermieristica. In questi Paesi la forza lavoro è spesso più carente nelle aree dove i tassi di mortalità materna e neonatale sono più alti.
  • Solo 4 dei 73 Paesi hanno una forza lavoro di ostetriche in grado di rispondere ai bisogni universali per i 46 interventi essenziali per la salute sessuale, riproduttiva, materna e neonatale. (vedi allegato 4 del report)
  • I Paesi stanno investendo per ampliare e offrire servizi di pratica ostetrica equi, ma non ci sono dati per determinare la disponibilità, accessibilità, accettabilità e qualità della forza lavoro ostetrica.
  • Le ostetriche che sono formate e regolamentate secondo gli standard internazionali sono in grado di offrire l’87% delle cure essenziali necessarie alle donne e ai neonati.
  • Per consentire alle ostetriche di lavorare efficacemente, i servizi devono essere attrezzati per offrire servizi appropriati, incluse le emergenze (trasfusione di sangue, taglio cesareo, rianimazione neonatale).
  • Avere dati accurati sulla forza lavoro ostetrica permette ai Paesi di pianificare efficacemente. Questo comporta un minimo di 10 informazioni che tutti i Paesi dovrebbero raccogliere: personale in organico, percentuale di tempo dedicato alla salute riproduttiva, materna e neonatale, ruoli, distribuzione per età, età pensionabile, durata della formazione di base per ostetrica, iscrizioni ai corsi di formazione per ostetrica, tasso di abbandono e di completamento della formazione e licenziamento volontario dalla forza lavoro.
  • La legislazione, la regolamentazione e l’abilitazione della pratica ostetrica consente alle ostetriche di offrire l’assistenza di alta qualità per la quale sono preparate e di proteggere la salute delle donne. L’assistenza di alta qualità da parte dell’ostetrica per le donne e i bambini salva vite e contribuisce ad avere famiglie in salute e comunità più produttive.
  • Il rendimento dell’investimento è vantaggioso:
    • investire nella formazione delle ostetriche, con l’offerta di servizi basati sulla comunità, potrebbe portare a una resa pari a 16 volte l’investimento in termini di vite salvate e costi evitati per tagli cesarei
    • investire sulle ostetriche disimpegna medici, infermieri e altre figure sanitarie che possono focalizzarsi su altri bisogni di salute e contribuisce a raggiungere una grande convergenza: ridurre le infezioni ed eliminare la mortalità materna e neonatale prevenibile.
Il report dedica una parte ai decisori, professionisti sanitari e gruppi d’interesse, delineando le azioni di provata efficacia necessarie a promuovere le politiche e la pianificazione. Il programma, denominato Midwifery2030, è definito come percorso per la salute «essenziale per la realizzazione delle priorità nazionali e globali e per garantire i diritti delle donne e dei neonati». [2]

Partendo dall’assunto che le donne in gravidanza sono sane a meno che non insorgano complicazioni o segni di complicazioni, e che l’assistenza ostetrica fornisce l’assistenza preventiva e di supporto per l’accesso alle cure di emergenza quando necessario, Midwifery2030 promuove modelli di cura centrati sulla donna e gestiti dall’ostetrica, che hanno dimostrato di generare i maggiori benefici di salute e risparmio economico rispetto ai modelli di cura medicalizzati. Il modello di midwifery care richiamato è quello già delineato nel World Health Report 2005 “Make every mother and child count”, e prevede un sistema di primo livello collocato vicino alle donne, de-medicalizzato ma professionale, offerto a tutte le donne e neonati preferibilmente da ostetriche o, in alternativa, da medici o infermieri se formati adeguatamente e competenti. Le strutture dovrebbero essere gestite da ostetriche (midwife-led), anche all’interno dei reparti di maternità ospedalieri. La cura di primo livello prevede poi un sistema di riferimento efficiente, multiprofessionale, dotato di ginecologi e pediatri in tutti gli ospedali.


Fonte: Unfpa. The state of the World’s Midwifery. 2014

Leggi la sintesi in italiano del programma Midwifery2030 (pdf 1 Mb).

Riferimenti
  • Unfpa. The state of the World’s Midwifery. 2014, pag iii
  • Unfpa. The state of the World’s Midwifery. 2014, pag 33

Il modello della midwifery care 2014: nuovissime evidenze a supporto di antiche pratiche femminili

Al congresso dell'International Confederation of Midwives di Praga abbiamo partecipato alla presentazione di due importanti documenti che fanno il punto sullo stato dell'arte della pratica ostetrica e delle azioni necessarie per passare dall’offerta frammentata di assistenza centrata sull’identificazione e il trattamento della patologia a un approccio de-medicalizzato, sistemico, bio-psico-sociale che si prenda cura della persona, offrendo attivamente assistenza competente e accessibile a tutti. 

Riprendiamo la sintesi pubblicata oggi da Angela Giusti su Epicentro, il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della salute.
Buona lettura



Lo stato della pratica ostetrica nel mondo: stato dell’arte e azioni per il futuro

Angela Giusti – Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps-Iss)


26 giugno 2014 - È stato presentato a Praga, in occasione della conferenza internazionale dell’International Confederation of Midwives 2014, il secondo report sullo stato della pratica ostetrica nel mondo, edito dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa). Ispirato dall’iniziativa Onu “Every Woman Every Child”, il report è centrato sull’universalità dell’accesso e sul diritto alla salute come leve per il raggiungimento degli obiettivi del Millenium Development Goal entro il 2015 tra cui, in particolare, la riduzione della mortalità materna e l’accesso universale alla salute riproduttiva.
In concomitanza, il 23 giugno scorso, la rivista The Lancet ha pubblicato uno speciale sulla pratica ostetrica. The Lancet Series “Midwifery” – prodotta da un gruppo internazionale di accademici, clinici, ostetriche, decisori e portatori d’interesse per la salute e i diritti delle donne e dei bambini – è uno dei più vasti lavori di analisi e ricerca sull’argomento. Si compone di quattro articoli principali e alcuni commenti e propone una sintesi delle migliori evidenze disponibili e di modelli per l’implementazione di una pratica ostetrica di qualità. La Serie è accessibile gratuitamente, previa registrazione, sul sito della rivista.
In questo panorama è anche importante capire lo stato dell’arte sulla normativa che regolamenta il riconoscimento delle qualifiche professionali (tra cui medico, infermiere e ostetrica) sia in Europa che in Italia ma anche quella che regolamenta il diritto delle donne di scegliere il luogo del parto.

In questo panorama è utile capire quale sia lo stato dell’arte sulla normativa che regolamenta i percorsi assistenziali, le professioni coinvolte nella pratica ostetrica e il diritto delle donne alla libera scelta sul setting del parto, sia in Europa che in Italia.
Risorse utili

domenica 22 giugno 2014

Gravidanze "senza tempo", per una storia dell´autopercezione del corpo femminile

Riprendiamo questo pezzo di Paola Polizzotti ringraziando per l'autorizzazione alla diffusione. L'articolo originale é visibile sul sito www.mondo-doula.it
Buona lettura

Gravidanze "senza tempo", per una storia dell´autopercezione del corpo femminile 

di Paola Polizzotti 


BARBARA DUDEN : I GENI IN TESTA E IL FETO NEL GREMBO 


«Un tempo la gravidanza era prima di tutto la lenta percezione di un’esperienza corporea, ora è diventata la presa d’atto e l’interiorizzazione di un referto medico.» (IL SOTTILE CRINALE DELL’ESSERE-MEDICO: IL CORPO IATROGENO)
«Le donne si abituano a concepire se stesse come sistemi immunitari regolati dai geni. Si trasformano in contenitori in cui una nuova vita può essere programmata. Invece di aspettare un bambino, un essere che sta per diventare un «tu», seguono sullo schermo del ginecologo l’organizzazione di un qualcosa » (CHE COSA FA E CHE COSA VI DICE LA GENETICA: I GENI IN TESTA)

I geni in testa e il feto nel grembo¹ è una raccolta di alcune delle conferenze tenute da Barbara Duden nel decennio 1990-2000, tappe significative del suo percorso di ricerca nell’ambito della storia del corpo, e segnatamente del corpo della donna.
Sforzandosi di immedesimarsi nelle pazienti del dottor Storch di Eisenach, autore tra il 1719 e il 1741 di una poderosa opera sulle malattie femminili - otto volumi che riportano milleseicento casi clinici - Duden guarda al presente con gli occhi di una donna del XVIII secolo. Da questa distanza, sottratto all’abitudine e al pregiudizio che rischiano di farlo sembrare ovvio, il modo in cui oggi viene concepito ed esperito il corpo femminile appare fortemente problematico.

Quello della donna del settecento è un corpo fluido, fatto di umori, primo tra tutti il sangue. Se il sangue si addensa e ristagna internamente, se il suo flusso mensile si arresta o prende vie improprie (se ad esempio cerca sfogo salendo verso l’alto invece di scendere in basso, provocando emorragie nasali o emicranie) allora si produce uno squilibrio che può trasformarsi in malattia. Il vissuto corporeo è incentrato sulla percezione di questa fluidita,è strettamente legato alla regolarità o irregolarità del sangue,al variare della proporzione tra i diversi umori. E di tale vissuto il medico diventa partecipe attraverso la narrazione dolorosa e drammatica delle pazienti, impegnandosi ad ascoltare con la necessaria compassione, quella mimesis che è parte essenziale della terapia.
Barbara Duden confessa di avere provato fastidio e persino repulsione quando ancora all’inizio del suo lavoro di ricerca leggeva i primi casi clinici di Von Kranckheiten der Weiber; solo più tardi, messe in parentesi le proprie riserve, è riuscita a misurare e a valutare lucidamente lo scarto tra passato e presente: luogo della decorporeizzazionepostmoderna, il corpo della donna, privato della sua succulenza, è diventato oggi qualcosa di radicalmente diverso dal corpo che aveva voce nell’ambulatorio del medico di Eisenach.

La ricerca storica di Duden è una somatologia, ricerca sul soma, sul corpo vissuto e sentito in tutta la sua materialità. Se la decorporeizzazione conseguente al dominio del pensiero sistemico e alla gestione tecnologica della vita umana non può essere semplicemente evitata, è tuttavia necessario conservare un atteggiamento scettico e resistente.
In aperta polemica con Judith Butler, Barbara Duden respinge le affermazioni del decostruzionismo accademico, che vorrebbero ridurre il corpo della donna ad epifenomeno del discorso, mero costrutto sociale, e che vorrebbero fare del genere solamente una categoria. Questo modo di pensare autorizza vere e proprie aberrazioni. Infatti la moderna biotecnologia può indurre la donna a concepirsi come un sistema immunitario regolato dai geni, se è vero che il discorso e la pratica medica, così come le campagne di prevenzione sostenute dalle politiche sociali e la vulgata da rotocalco, hanno il potere di generare un corpo fatto per essere misurato, controllato, programmato.
Quello che interessa Duden in quanto storica non sono tanto gli effetti materiali (economi, fisici, psicologici) del monopolio del pensiero tecnologico e del progresso dell’ ingegneria genetica, bensì le loro conseguenze sul piano simbolico. Il responso della macchina sostituisce oggi quello che una volta era il primo fondamento della diagnosi: il racconto della paziente, di cui il medico, mettendo in parentesi il suo scetticismo, era costretto a fidarsi. Oggi un soggetto che è il portato di una storia in carne ed ossa viene ridotto al suo bagaglio genetico, e in un’ ottica deterministica è spinto ad identificarsi con un programma la cui astrattezza non ha più nulla a che vedere con il corpo sensibile.

Cito un passo di una conferenza del 1993: « Mi chiedo: come è possibile che in dieci anni lo stile di pensiero da laboratorio biomedico e la terminologia di una medicina degenerata in biotecnologia si siano radicati nel vocabolario del movimento femminile fino a condizionare l’autopercezione delle donne? Come mai le donne sono così bramose di appropriarsi delle parole chiave del programma genetico? » ² 

A segnare un punto di svolta nella storia del corpo della donna è stata l’ introduzione in ginecologia dell’esame ecografico nel corso degli anni ’80. Già la comparsa della pillola, negli anni ’60, indicava un mutamento di paradigma: a differenza degli altri mezzi contraccettivi la pillola interviene sul normale funzionamento dell’apparato riproduttivo alterandolo in modo permanente per tutto il tempo della sua assunzione; non è più possibile parlare propriamente di mezzo, dal momento che la ricerca medica verte adesso sulla possibilità di riprogrammare un sistema. Ma nessuna innovazione apportata in campo medico dalla ricerca tecnico-scientifica fino agli anni ’80 del secolo scorso è paragonabile, quanto agli effetti prodotti sull’autopercezione della donna, all’impiego dell’ecografia ginecologica a scopi preventivi e diagnostici. La donna gravida ha imparato a concepire se stessa come un sistema immunitario, il proprio utero come ambiente fetale, il bambino di cui è in attesa come feto; ed il feto visibile sullo schermo è l’ immagine risultante dalla composizione di stimoli ottici in cui vengono tradotti i dati rilevati dalla macchina. Barbara Duden non esita a definire “fantasma” il feto in quanto corpo tecnogeno. Eppure è proprio l’ immagine del feto che accentra su di sé l’attenzione della donna. In una sorta di schizo-estesia la percezione cinestetica e tattile del corpo è scissa dalla visualizzazione dell’interno dell’utero, che rapidamente, sotto la guida del medico professionista, diventa la modalità di esperienza privilegiata ( « Spesso mi hanno spiegato che gli esercizi di visualizzazione oggi praticati in fase prenatale possono inibire la capacità di percezione cinestetica a livello tattile della donna. »³ ).

La portata di questo rivolgimento si coglie pienamente attraverso il confronto con lahexis gravida delle pazienti di Storch. Nel XVIII secolo, quando si arrestava il flusso mensile del sangue, la donna poteva supporre di essere incinta così come sospettare una malattia; solamente il movimento del bambino finiva per confermare la prima ipotesi, e solo allora, dal momento cioé in cui la donna riferiva al medico e ai familiari le sue nuove sensazioni, il suo status gravido veniva ufficialmente riconosciuto. Aspettare un bambino significava allora essere «in buona speranza» («in guter Hoffnung» è l’espressione tedesca con cui si designa la gravidanza). Il tempo della gestazione, che non era ancora fissato di norma in nove mesi, era vissuto come attesa di un evento che un giorno sarebbe accaduto, di una sorpresa che si sperava lieta. In ogni caso, però, solo l’esito della gravidanza avrebbe rivelato se il nascituro atteso era veramente un bambino o piuttosto un omuncolo informe, e forse anche solo sangue o aria. Il medico, ancorché depositario delle conoscenze teoriche sui fluidi corporei, ovvero di una tradizione risalente ad Ippocrate e a Galeno, basava essenzialmente la sua diagnosi sul racconto della paziente, la cui convinzione di essere incinta sarebbe risultata vera o falsa solamente a posteriori. Il dottor Storch distingueva dunque tra vero e falso, non tra oggettivo e soggettivo. Oggi è l’esame ecografico, subito dopo il test di gravidanza, a stabilire se una donna è incinta, ad informarla del suo stato oggettivo; è il medico, divenuto ormai un esperto di biotecnica, a relazionare sulle condizioni di salute della gestante e del feto, mentre le percezioni soggettive della donna non hanno più alcun peso a fronte dei dati registrati dalla macchina; oggi il medico è in grado di controllare e programmare la gravidanza, di intervenire sul processo di sviluppo fetale, decidendo se e come operare sulla base di statistiche e diagrammi di rischio. Il corpo della donna è diventato un corpo iatrogeno. Per le pazienti di Storch il tempo dell’attesa, della buona speranza, era il tempo della luna e del non-dum, del non-ancora racchiuso all’ interno del corpo ed inaccessibile allo sguardo. Oggi il non-ancora è già anticipato nell’ immagine del feto sullo schermo; il futuro comprime, per così dire, il presente, e può essere vissuto come una minaccia incombente se la diagnosi del ginecologo ha il potere di renderlo tale.
A questo proposito occorre oltretutto osservare che il sempre più frequente impiego dell’esame ecografico ha prodotto una sensibile impennata delle diagnosi di gravidanza a rischio. Una ricerca di due studiose tedesche ha appurato, ad esempio, che tra il 1987 e il 1999 nella Bassa Sassonia la percentuale delle gravidanze considerate a rischio è aumentata dal 29,9 al 74 per cento: un cambiamento dei parametri in base ai quali viene stabilita la norma può far crescere il numero dei casi considerati fuori norma.
La biologizzazione della persona umana investe oggi la donna con conseguenze che all’epoca di Storch sarebbero state semplicemente impensabili. Oltre ad essere spinta a delegare ad un professionista la “gestione” della gravidanza, la donna deve fare i conti con il discorso della bioetica e con i suoi riflessi nella sfera giuridica. La sentenza del maggio 1993 della Corte Costituzionale della Repubblica Federale Tedesca promuove il feto a soggetto giuridico da sottoporre a tutela: un nascituro, che è ancora tutt’uno con il corpo della madre, poiché è riconosciuto come « una vita » acquista tout court lo status di essere umano e quindi di soggetto giuridico, che la legge deve difendere in base al principio generale del diritto alla vita.
La gravidanza deve essere concepita come «dualità dinamica», e di questa dualità la donna è costretta ad assumersi le conseguenze. Sempre più spesso le consulenze offerte a colei che deve decidere in merito all’interruzione di gravidanza mirano a sottolineare la responsabilità morale che questa scelta comporta, ad indurre un forte senso di colpa e di impotenza. Ed è proprio il diffuso senso di impotenza rispetto al pensiero e alla prassi dominanti che preoccupa Duden, tanto più quando si esprime nella lotta per una maggiore informazione medica e per il diritto alla prevenzione.
Invece di lasciare che sia la biotecnologia ad avere l’ultima se non l’unica parola sul corpo della donna, occorre riappropriarsi della capacità di sentire, ritrovare un vissuto corporeo che porta in sé la cifra di una antica e ancora riattualizzabile potenza. Matrice, matrix, è la madre, non un «ambiente fetale». Nella relazione tra donne una pratica maieutica che rafforzi la fiducia nell’ autocezione può restituire al corpo fantasma la sua realtà. È per questo che le vecchie levatrici sono per Barbara Duden interlocutrici privilegiate, che le moderne ostetriche possono ancora prendere ad esempio: « Non possiamo sfuggire all’ambiente tecnico; ma si possono liberare i sensi, il corpo, il cuore della donna dalla prigione che la priva della sua corporeità. Ricordare, rivivere, riscoprire ciò che era in passato l’assistenza al parto può dare (credo) a ogni ostetrica il coraggio, la fierezza e la pazienza per « aiutare » la donna a partorire. »

1) Barbara Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Boringhieri 2006 ( orig. ted. Die Gene im Kopf – der FÖtus im Bauch.Historisches zum FrauenkÖrper, 2002 )
 2) ibid., p.147
 3) ibid., p.197
 4) ibid., p.128

Articolo originale  www.mondo-doula.it

sabato 21 giugno 2014

L'onda delle giovani ostetriche 2/2 - Evidence based Midwifery come strumento per migliorare la pratica professionale. Racconti del congresso ICM Praga

Nel 2013 potrebbe sembrare superato disquisire ancora di Evidence-Based Medicine (EBM), Evidence-Based Obstetrics (EBO) ed Evidence-Based Midwifery (EBMid), ma se consideriamo le numerose notizie di cronaca all’ordine del giorno denuncianti casi di malasanità in ambito ostetrico, sorge spontaneo ricordare Cochrane e il “cucchiaio di legno” che conferì all’ostetricia oltre 30 anni fa. Sicuramente da allora sono stati compiuti molti progressi, tuttavia sia in alcune realtà italiane che internazionali durante il parto si fa ancora uso di pratiche inappropriate come episiotomia di routine, posizioni forzate, manovra di kristeller o separazione di madre e bambino alla nascita.
Sono stati identificati numerosi vincoli professionali, organizzativi e relazionali che impediscono a professionisti, ma anche a studenti, di erogare un’assistenza basata sulle prove di efficacia. Alcuni autori hanno riscontrato incongruenze tra ciò che viene insegnato all’università e ciò che si riscontra nella pratica clinica del tirocinio; tale gap crea difficoltà all’applicazione dell’EBM nella pratica clinica.
Gli studenti ritengono di non avere la possibilità di assistere in modo diverso dai loro tutor, bensì considerano più facile assistere secondo le routine e le tradizioni praticate da questi ultimi perché un simile atteggiamento è importante per socializzare con il gruppo professionale. Inoltre, numerosi studi confermano che tutte le esperienze, sia positive che negative, di lavorare con modelli di ruolo abbiano un impatto significativo sull’apprendimento degli studenti, pertanto potremmo ipotizzare che ciò si verifichi anche per l’apprendimento della pratica basata su evidenze scientifiche.

Lo scopo di questo studio descrittivo correlazionale è di descrivere e comparare  le conoscenze, le competenze percepite, gli atteggiamenti e le pratiche delle studentesse di ostetricia e delle ostetriche in merito alle evidenze scientifiche.

Hanno partecipato all’indagine ostetriche (n=109) in servizio presso 5 punti nascita di Roma e provincia e studentesse (n=87) iscritte al 3° anno del Corso di Laurea in Ostetricia in 6 sedi didattiche della Regione Lazio. È stato costruito ed utilizzato un questionario strutturato, che nella versione-studentesse conteneva inoltre item di conoscenza delle procedure assistenziali evidence-based nel parto fisiologico secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

I risultati mostrano atteggiamenti positivi verso l’uso delle evidenze scientifiche per migliorare la pratica clinica. Il ruolo di ostetrica si associa negativamente alle competenze relative all’uso del computer, all’uso di internet per ricercare la letteratura scientifica, alla capacità di trovare l’informazione che serve per la pratica clinica,  alla capacità di leggere un articolo scientifico in lingua inglese,  alla capacità di raccogliere e usare i dati per valutare il proprio lavoro. Questo trend potrebbe essere dovuto alla giovane età delle studentesse e quindi alla loro maggiore dimestichezza con il computer, le lingue e la statistica.
In merito alle fonti da cui si ricavano le evidenze per orientare le pratiche professionali, il ruolo di ostetrica si associa positivamente all’esperienza e alle colleghe, mentre le studentesse tendono a fare riferimento alle docenti ostetriche e alle tutor ostetriche di tirocinio.
Le studentesse e le ostetriche hanno simili conoscenze sulle evidenze scientifiche (60% vs 55%).
Per quanto riguarda le conoscenze delle studentesse sulle evidenze scientifiche nelle procedure assistenziali nel parto fisiologico, si rilevano lacune soprattutto in merito alla cardiotocografia in continuo e alla gestione del perineo nel secondo stadio del travaglio.


Oltre che “cuore e mani”, una buona pratica ostetrica richiede un regolare aggiornamento sulle migliori evidenze scientifiche disponibili. Più che una specifica disciplina, la formazione sull’evidence-based midwifery dovrebbe essere trasversale nei curricula universitari e nei programmi di Educazione Continua in Medicina. Garantire buoni curricula universitari alle nuove generazioni di ostetriche sembra improduttivo se i modelli di pratica, le ostetriche, non si avvalgono delle evidenze scientifiche nella pratica clinica quotidiana.

Relazione presentata al Congresso ICM Praga 2014. 
Autrici: Sofia Colaceci & Angela Giusti. 
"Evidence based Midwifery as a tool to improve professional practice: knowledge, attitudes and practice of midwives in Rome"

L’onda delle giovani ostetriche 1/2 - Precoce urgenza di spinta in travaglio. Racconti del Congresso ICM Praga

Sara Borelli ha presentato uno studio osservazionale prospettico condotto in un punto nascita italiano con l’obiettivo di valutare l’incidenza della precoce urgenza di spinta (EPU) ed esplorare la gestione ostetrica. 
Il campione è costituito da 60 donne (44 nullipare e 16 multipare) con EPU durante il travaglio.
Per quanto riguarda i principali risultati emersi, l’incidenza totale di EPU è stimata al 7,6% e si è notata una proporzione inversa tra il numero di diagnosi di EPU e il tempo di attesa tra l’urgenza di spinta e l’esplorazione vaginale.
Sono state adottate due modalità assistenziali in relazione al fenomeno: 
1. tecniche di cessazione della spinta (n=52/60) (stop pushing techniques)
2. la tecnica del “lasciare che la donna faccia cosa sente” (n=8/60) (“let the woman do what she feels”)
Nel caso della tecnica di interruzione della spinta, le ostetriche hanno proposto diverse tecniche combinate (cambiare la posizione materna, respiro a soffio, vocalizzazione, etc).
La diagnosi di EPU a meno di 8 cm di dilatazione cervicale risulta associata a più interventi medici. Gli outcome materni e neonatali rientrano nel range di normale fisiologia. È stata inoltre osservata un’associazione tra la dilatazione alla diagnosi EPU e gli outcome ostetrici, in particolare modalità di parto e outcome perineali.
Questo studio ha contribuito ad ampliare le conoscenze sul fenomeno della precoce urgenza di spinta durante il travaglio e sulle pratiche ostetriche adottate. In generale, si potrebbe sostenere che l’EPU sia una variazione fisiologica nel travaglio se le condizioni materne e fetali sono buone. Le ostetriche potrebbero suggerire alle donne alcune tecniche per aiutarle a “stare con il dolore”, cambiando posizione, vocalizzando, etc. Lo studio non è tuttavia rappresentativo di tutti i punti nascita, pertanto un ulteriore sviluppo potrebbe essere quello di coinvolgere ulteriori unità di ostetricia. Gli studi futuri dovrebbero anche focalizzarsi sull’analisi qualitativa dell’esperienza personale delle donne e delle ostetriche in relazione al fenomeno.

Riferimento bibliografico
Sara E. Borrelli, RM, BMid, MSc, PhD in Health Studies (Student)a, Anna Locatelli, MD (Assistant Professor)b, Antonella Nespoli, RM, BMid, MSc (Research Midwife)b. Early pushing urge in labour and midwifery practice: A prospective observational study at an Italian maternity hospital. Midwifery 29 (2013) 871–875
a School of Nursing, Midwifery & Physiotherapy, The University of Nottingham, Queen’s Medical Centre, Nottingham, UK
b Department of Obstetrics and Gynecology, University of Milano Bicocca, Fondazione MBBM, San Gerardo Hospital, Monza e Brianza, Italy

giovedì 19 giugno 2014

Epilessia e allattamento: nuovo articolo su Jama Pediatrics

E' di questi giorni l'articolo di Meador et al, pubblicato su Jama Pediatrics sugli esiti dell'uso di farmaci antiepilettici durante l'allattamento, "Breastfeeding in children of women taking antiepileptic drugs. Cognitive outcomes at age 6 years". In un precedente articolo, gli autori avevano dimostrato l'assenza di effetti avversi dell'uso di antiepilettici durante l'allattamento, in particolare sul quoziente d'intelligenza (IQ) misurato a 3 anni. In questo studio l'IQ dei bambini di madri in trattamento con farmaci antiepilettici è stato misurato a 6 anni, età nella quale è più predittivo della performance scolastica e delle abilità adulte.


Da un punto di vista metodologico, si tratta di uno studio multicentrico osservazionale prospettico. Tra il 1999 e il 2004 sono state arruolate negli USA e in Gran Bretagna donne in gravidanza affette da epilessia in trattamento con un solo farmaco (carbamazepina, lamotrigina, fenitoina o valproato). All'età di 6 anni, 181 bambini sono stati inclusi nello studio. Per chi ama la metodologia, suggeriamo la lettura dell'intero articolo accessibile online.

In estrema sintesi, non sono stati rilevati effetti avversi dovuti all'esposizione ad antiepilettici attraverso il latte materno a 6 anni, così come già evidenziato in precedenza. In questo studio, i bambini allattati mostravano un IQ più elevato e abilità verbali superiori rispetto al gruppo dei non allattati. Uno dei timori delle madri affette da epilessia è il possibile effetto dei farmaci. Questo studio, conferma e aggiunge una nuova prospettiva a quanto già era stato pubblicato da Van Ness su Jama Neurology nel 2013 nell'editoriale "Breastfeeding in women with epilepsy" e dalla Conferenza Nazionale di Consenso su "Gravidanza, parto, allattamento ed epilessia". Per le madri con epilessia, allattare e curarsi è sicuro e garantisce ai propri bambini il migliore inizio.


Cogliamo l'occasione per segnalare l'iniziativa dell'AIFA sulla sicurezza d'uso dei farmaci in gravidanza e allattamento. Le informazioni, aggiornate dal comitato scientifico sulla base della letteratura recente, sono accessibili sul sito www.farmaciegravidanza.gov.it
Permangono alcune incongruenze rispetto alle più datate schede descrittive dei farmaci, ma si tratta di uno strumento utilissimo per i professionisti e per le donne, fino ad ora assente nel panorama italiano dell'informazione sul farmaco online.


venerdì 13 giugno 2014

Il tè con le ostetriche: incontrarsi, conoscersi, crescere insieme.

Incontriamo donne, mamme, colleghe ostetriche in giro per l'Italia e l'esigenza di incontrarsi e crescere insieme sui temi che ci stanno a cuore é forte. Vi proponiamo una nuova iniziativa che ha proprio questo obiettivo. L'abbiamo chiamata "Il tè con le ostetriche", sono brevi incontri di 2-3 ore su diversi argomenti, accompagnati da una merenda.

Iniziamo il prossimo venerdì 20 giugno, dalle 16 alle 18, con un incontro sul Metodo Gordon per una comunicazione efficace. Vedremo insieme quali sono i presupposti che Gordon propone per la comunicazione efficace tra genitori e figli, insegnanti e studenti, ostetriche e donne o più semplicemente tra persone. Uno degli aspetti più interessanti é la gestione dei conflitti, per la quale Gordon propone un metodo "senza perdenti". Per chi di fronte al conflitto fugge, questa è un'ottima occasione per imparare come affrontare le situazioni che ci mettono a disagio. L'incontro sarà tenuto da Angela Giusti, formatrice Gordon, insieme al gruppo di CreAttivaMente ostetriche. 

Il calendario delle merende prevede un successivo incontro a settembre e avrà come tema la gravidanza fisiologica e sarà tenuto da Ivana Arena e Chiara Pizzi, che tengono un corso di due giornate sullo stesso argomento. 

La sede é il Centro Osho Kivani, Via San Genesio 11 a Roma, in zona Stazione Tiburtina - Piazza Bologna. E' possibile parcheggiare sulla via Tiburtina, all'altezza di Via Cupa.Gli incontri proseguiranno in autunno, secondo un calendario che definiremo strada facendo.

Per informazioni e prenotazione potete contattarci all'indirizzo creattivamenteostetriche@gmail.com o ai numeri 347 9784927 - 3496758971
Vi aspettiamo!



L'ostetricia, la nascita e i diritti delle donne Elisabeth Prochaska, avvocata UK. Racconti del Congresso ICM Praga

Nella visione feto-centrica viene esasperato il conflitto tra la madre e il feto e tanto più vengono riconosciuti e aumentano i diritti del feto così proporzionalmente diminuiscono e vengono negati i diritti alla libertà di scelta e autodeterminazione della donna. Noi vogliamo uscire da questa prospettiva affermando che la libertà di scelta della donna produce madri più consapevoli, sane e felici e che questo coincide sempre, per sua natura, con un bambino più sano. Il filosofo Kant nella metafisica della morale riconosce che nell'essere umano stesso è insita una dignità dalla quale le persone non possono prescindere se non al prezzo di perdere questa caratteristica: l'umanità. Questa stessa umanità che non viene meno nella donna con l'avvento della gravidanza. Dunque in quanto essere umano la donna non vede diminuito il suo diritto a scegliere liberamente sul suo corpo e al contrario tale diritto alla libertà di scelta e autodeterminazione viene mantenuto intatto. Purtroppo, molto spesso le donne vengono trattate alla stregua di contenitori e ed spesso accaduto che perdano i loro diritti se vengono percepiti come in conflitto con quelli del feto.. La Corte Europea per i diritti umani già nel 2010 si è espressa favorevolmente nel caso Ternovky vs Hungary riconoscendo che impedire alle ostetriche di assistere parti a casa si proibisce o limita di fatto il diritto alla libera scelta del luogo del parto. Putroppo da allora anche altri paesi hanno seguito l'esempio dell'Ungheria e limitato la libertà di scelta e autodeterminazione delle donne. Ad esempio , malgrado la sentenza della Corte Europea , nel 2011 la repubblica Ceca ha imposto una sanzione di 250.000 euro a tutte le ostetriche che assistono la nascita domiciliare. Alcune ostetriche hanno scelto di continuare comunque ad assistere le donne nel parto a casa, con le conseguenze che possiamo immaginare : nessuna forma assicurativa, condizioni di semi-clandestinità e totale mancanza di comunicazione con l'ospedale. Ma il diritto di scegliere liberamente il luogo del parto riguarda i diritti fondamentali degli esseri umani e le donne sono naturalmente anch'esse esseri umani, dunque non può essere violato e tutti gli stati della comunità europea devono attenersi e mettere in atto misure che permettano alle persone di scegliere liberamente sul proprio corpo e autodeterminarsi. Per denunciare abusi è possibile scrivere una mail a info@birthright.uk

sabato 7 giugno 2014

Tutto ciò che volevi sapere sulla pelvi femminile e non hai mai osato chiedere. Racconti dal Congresso ICM di Praga.


Qualche anno fa, la "comunità dell'allattamento" é rimasta sorpresa nello scoprire che le cisterne o ampolle, quegli allargamenti dei dotti galattofori che - abbiamo studiato - si trovano in prossimità dell'areola, in realtà non esistono. Gli studi condotti da Hartmann hanno dimostrato che il diametro dei dotti é lo stesso lungo tutto il loro decorso. La credenza sull'esistenza delle cisterne deriva dagli studi anatomici dei secoli scorsi, condotti iniettando cera fusa in cadaveri, in un momento in cui la lassità dei tessuti originava questa forma ad ampolla.

Anche nel caso del pavimento pelvico é successa la stessa cosa. Anne Frye ha fatto una presentazione dal titolo "Anatomia dei tessuti molli della pelvi femminile: una nuova visione".


Secondo Anne Frye, l'anatomia maschile è stata considerata per secoli la normalità. Storicamente, la ricerca è stata effettuata sui cadaveri maschili mentre alcune porzioni femminili sono state studiate per rilevare eventuali differenze. Con lo standard maschile considerato la "norma", le strutture femminili sono state studiate considerando quelle maschili come adeguate, anziché analizzarle in modo indipendente. Questo ha compromesso la nostra comprensione dell'anatomia femminile e ha portato a decenni di disinformazione. Non solo. Negli studi fatti su cadaveri la relazione tra i diversi tessuti risulta essere modificata a causa della perdita di tono. Nel caso specifico della pelvi, si tratta di una struttura funzionale alla posizione eretta mentre gli studi anatomici sono stati realizzati in posizione supina. L'iniezione di liquidi nella cavità pelvica per gli studi anatomici post-mortem ha dato la falsa idea che il pavimento pelvico avesse la forma di una "ciotola", mentre, dice la Frye, ha piuttosto la forma di una cupola. Cita lo studio di Mirilas del 2004, pubblicato sul Journal of the American College of Surgeons,"Urogenital diaphragm: an erroneous concept casting its shadow over the sphincter urethrae and deep perineal space".

Molti degli insegnamenti tradizionali sui tessuti molli della pelvi sono imprecisi:

  • la presenza di un muscolo trasverso profondo così come descritta in letteratura é rara
  • la clitoride é un organo molto più esteso di quanto riportato in generale sui testi di anatomia
  • la forma del pavimento pelvico é più simile a una cupola che a una ciotola
  • lo sfintere anale esterno femminile é molto diverso da quello maschile.

Alla domanda di una collega su cosa cambi nell'assistenza alla nascita e nella sutura delle lesioni perineali, la Frye risponde che da un punto di vista pratico non cambia nulla, molti dei tessuti che sono state descritti nel nuovo modello di pelvi femminile non sono distinguibili al momento della sutura. Valgono le regole generali, pochi punti e suture abbastanza morbide da consentire ai tessuti di rimarginarsi secondo la propria struttura. Da un punto di vista funzionale, queste informazioni ci aiutano a capire meglio le funzioni della pelvi femminile.

Anne Frye ha prodotto un video animato che descrive la struttura dei tessuti molli della pelvi femminile, che ha mostrato durante la conferenza. Il DVD é acquistabile sul suo sito www.midwiferybooks.com.
 

Stay tuned... nuovi racconti in arrivo....


venerdì 6 giugno 2014

Rafforzare la salute delle donne a livello globale. Racconti dal Congresso Internazionale dell'ICM di Praga

     Siamo state a Praga al Congresso ICM. 3800 donne chiuse per 4 giorni nello stesso luogo, a discutere, condividere, confrontarsi. Non capita tutti i giorni, si respira una bella energia. Siamo state partecipi attive di diverse sessioni, sia nella discussione sia nella presentazione di lavori italiani. La cosa più emozionante, parlo per me, é stato vedere le nostre giovani dottorande presentare i propri lavori, ma di questo vi racconteremo in un altro post dedicato alla new wave, la nuova ondata delle giovani ostetriche ricercatrici in Italia e all'estero. Proviamo qui a fare una sintesi delle cose che possono essere utili, soprattutto riportando i concetti-chiave e i documenti che sono stati discussi.


--// I NUMERI DEL CONGRESSO //--

3800 ostetriche partecipantiProvenienza: tutto il mondo
Il più alto numero di studentesse mai registrato
Colore dominante fuxia; un po’ stereotipato 
ma tutto sommato non ci é dispiaciuto


     La Vice Presidente dell’ICM, Debrah Lewis, ha presentato i numeri dell’ICM e le decisioni relative all’organizzazione del Congresso.  L’ICM rappresenta e lavora per potenziare le associazioni di ostetriche nel mondo. Attualmente 116 associazioni sono iscritte, da 102 Paesi per una rappresentanza complessiva di oltre 300 mila ostetriche a livello mondiale.
     Nella visione dell’ICM, nel mondo ogni donna nel percorso nascita ha accesso alle cure di un’ostetrica, per se stessa e per il proprio bambino. L’accompagnamento da donna a donna si sviluppa in tutte le fasi della vita. 

Determinanti di salute e accesso alle cure: cosa conta veramente?

Lezione magistrale di Lisa Kane Low, Professore Associato, Coordinator Nurse Midwifery Education Program dell’University of Michigan School of Nursing.

La salute va oltre l’assistenza sanitaria: le condizioni sociali sono altrettanto importanti per la nostra salute dell’accesso alle cure e i luoghi dove una donna vive, studia, lavora e gioca hanno un impatto determinante su di lei e sui suoi bambini, ben al di là del semplice accesso ai servizi sanitari. Il richiamo alla dichiarazione di Alma Ata, seppure non esplicito, è evidente. Cita un recente documento, “Inequality matters”, il report delle Nazioni Unite 2013 sulla situazione sociale nel mondo, e il testo “Tackling health inequalities”, che mette a confronto le diseguaglianze emergenti in sette Paesi ad alto reddito (USA, Australia, UK, Canada, Finlandia, Norvegia e Svezia) e analizza i diversi approcci per la riduzione dei problemi di salute evitabili. La Kane sottolinea che, per quanto riguarda il percorso della nascita, al momento viene prestata un’assistenza frammentata, mentre la salute (intesa come “care” ed estesa ai diversi ambiti della vita) dovrebbe essere dove essere promossa là dove le donne crescono, vivono, lavorano e invecchiano. Richiama alla necessità di un approccio alla salute basato sulla continuità e sulla comunità, la community-based care, sottolineando la differenza tra accesso e accessibilità. 

Un altro spunto di riflessione riguarda l’uso della tecnologia nell'assistenza. La domanda che pone Kate è “Qual è la giusta quantità di tecnologia che dovrebbe essere disponibile?”. Non è solo una questione di accessibilità, ma di accettabilità, come sottolineato anche dalla Strategia Globale per la salute delle donne e dei bambiniLa necessità di definire un modello d’uso della tecnologia è una sfida globale: aumentano gli interventi chirurgici nella nascita, la tecnologia nei servizi di maternità è applicata in modo inappropriato, esiste il doppio problema del sovra e sotto utilizzo.



La Kane conclude con una metafora, ripresa da diversi altri relatori, quella della sabbiera, intesta come quell’angolo delle aree giochi per bambini dove si gioca insieme con la sabbia. La cura (care) dev’essere collaborativa e interprofessionale. Cita tutte le figure, professionali e di sostegno, che gravitano intorno alla salute della donna e del bambino. Siamo tutti cresciuti e stiamo tutti giocando nella stessa sabbiera; questo, secondo la Kane, dovrebbe ricordarci che la collaborazione nell’interesse della salute viene prima di qualsiasi altra cosa.


Stay tuned... a breve altri racconti da Praga...